Il commento di Gianni Montesano su Com.Unità
Per la prima volta un ministro del lavoro pone il tema degli over 50 disoccupati o precari. E’ un passo avanti importante ma serve la stessa velocità e determinazione applicata al problema dei giovani.
Mezzo milione di persone hanno perso il lavoro dopo i 50 anni, “troppo vecchi per lavorare e troppo giovani per la pensione”; 370mila scoraggiati, la gran parte esausta di chiedere favori ad amici, di inviare curriculuum a vuoto, di spulciare offerte di lavoro impraticabili con salari da fame.
Seicentottantamila over 50 in condizione di precarietà, con contratti atipici che a quella età diventano pesanti come macigni: figli che non si possono aiutare, genitori vecchi a cui non si può dare assistenza e il miraggio di una pensione che non esiste in quanto non ci sono contributi a sufficienza. I numeri forniti oggi da La Stampa devono far riflettere.
Il problema è complesso e va affrontato con attenzione e con urgenza. Il passo del Ministro Poletti ha il pregio di porre l’accento, per la prima volta, sul punto specifico della crisi degli over cinquanta. Ed è il cuore della questione. Perchè se la disoccupazione giovanile balza agli occhi quella dei “senior” è praticamernte ignorata anche se molto più grave come effetto sociale.
C’è urgenza di accendere i riflettori sul tema: serve discuterne, ascoltare storie, valutare con attenzione i dati e cercare rapidamente soluzioni nell’ambito di una nuova stagione di politiche per il lavoro.
Una campagna di sensibilizzazione che faccia crescere la consapevolezza delle risorse e delle competenze di un over 50 già potrebbe favorire un orientamento positivo di imprese e istituzioni ad aprire le porte ad una manodopera altrimenti bollata come “scarto”.
Il sistema degli incentivi varato dalla Fornero funziona poco e male, farraginoso e senza coperture finanziarie, eppure andrebbe rivisto e potenziato, così come andrebbe garantito l’accesso agli over 50 alle posizioni aperte non solo nel settore privato ma anche nel pubblico, come definito dalle norme europee.
Come si fa a parlare di “staffetta generazionale” quando c’è un milione e mezzo di over 50 senza lavoro o in zone di disagio e precarietà? Chi ha competenze dovrebbe avere il diritto di potersi rimettere in gioco partecipando alle selezioni e utilizzando tutte le opportunità, altrimenti vince la logica di questi ultimi anni per cui l’impresa tende ad assumere solo giovani con contratti precari e che costano pochissimo, magari con tanto di contributo statali, e per gli altri le porte restano sbarrate.
Temi su cui servono riflessioni attente ma che non devono diventare un alibi per non fare nulla. Poletti ha toccato un nervo scoperto della crisi italiana. Facciamolo venire alla luce in tutta la sua crudezza e drammaticità, solo in questo modo sarà possibile sviluppare una terapia urgente altrimenti la malattia resterà sotto pelle con effetti devastanti per un tessuto sociale già lacerato.